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Allarme inflazione: in Italia si prevedono altri rincari nel 2022 anche per il settore automotive

Nel 2021 si è affrontata una grave problematica legata alla forte domanda di materie prime (soprattutto del metano) che ha causato un rilevante aumento dei costi dell’energia elettrica e gas naturale. Una criticità che, alle soglie del 2022, non accenna ad arrestarsi ma che continua a destare preoccupazione, con ricadute importanti soprattutto per alcune tipologie di beni. In questo contesto di crisi, infatti, l’inflazione percepita dalla popolazione è arrivata al 5,3%, mentre il tasso ufficiale ha raggiunto il 3,7% a novembre 2021.

Come rilevato da un’analisi effettuata per il Sole 24 Ore dall’Istituto Noto Sondaggi, è la prima volta che non si registra una differenza sostanziale tra ciò che è la percezione del carovita e quanto è invece registrato su base scientifica dalle analisi Istat. In passato, infatti, la percezione dell’inflazione era nettamente più alta, superando anche di 7-8 punti il dato reale. Adesso invece il divario è di appena 1,5 punti. Dunque, la comparazione tra inflazione reale e percepita assume in questo caso una maggiore rappresentatività in quanto la popolazione – in questo periodo legato alla crisi sanitaria ed economica – riesce a prestare più attenzione al reale aumento dei prezzi, esprimendo dunque considerazioni più realistiche e meno emotive.

Alla fine del 2021, sono stati diversi i settori maggiormente colpiti dalla crisi: casa-energia (+11,3%), trasporti (+7,8%), istruzione (5,8%) salute (+5,5%) e alimentare (+5%). Ad oggi la situazione non sembra far presagire un cambio di rotta.

In quali settori i prezzi sono aumentati nel 2021?

Il settore che più di tutti ha subito un aumento dei costi nell’ultimo periodo è sicuramente quello legato alla casa-energia: il tasso di spesa percepito nel 2021, infatti, è del +11,3%. In particolare, è l’energia elettrica a pesare di più sulle spalle degli italiani raggiungendo il +17,5% e seguita dalle spese dedicate al gas (+16,6%) e al gasolio (15,5%). Anche i costi sulla manutenzione sono aumentati, seppur in percentuale minore rispetto all’energia e al gas: servizi di pittori-carpentieri (+10,9%) e di idraulici-elettricisti (+10,8%).

Il secondo settore in cui l’inflazione percepita è molto elevata è quello dei mezzi e servizi di trasporti (+7,8%): sul gas a metano si è percepito un aumento dei prezzi del 17,6%, seguito dall’incremento del costo della benzina e gas Gpl con un +13,9%. Specificatamente al settore automotive, le previsioni non sono positive in quanto anche nel 2022 i prezzi continueranno ad aumentare.

Al terzo posto si posiziona l’istruzione con un +5,8% a cui seguono i servizi sanitari con un +5,5%. In un momento così sensibile per la sanità, i costi per le visite specialistiche sono in visibile aumento (+6,5%) e purtroppo anche per questo settore il 2022 non presagisce un cambio di scenario.

Infine, il comparto dei prodotti alimentari è quello che maggiormente preoccupa i cittadini i quali prevedono per il nuovo anno il maggior tasso di aumento. Ad oggi il settore alimentari ha fatto registrare un’inflazione percepita pari al +5% ma la percentuale è destinata a crescere.

Attualmente, le previsioni delle autorità monetarie rimangono orientate a una temporaneità delle spinte inflazionistiche: per la Banca d’Italia, infatti, gli effetti di questi rincari sui prezzi dovrebbero scemare verso la fine del 2022 mentre, secondo le previsioni pubblicate dal Fondo monetario internazionale, l’inflazione nelle economie avanzate sale dal 3,1% del 2021 al 3,9% del 2022 per poi flettere al 2,1% nel 2023. 

Le conseguenze dell’effetto della crisi dei chip e dell’inflazione sul mercato automotive

Per quanto riguarda il settore automotive, il crollo del mercato automobilistico nel 2021 è da associare non solo all’aumento generalizzato dei prezzi dovuto all’emergenza pandemica, ma soprattutto alla crisi degli approvvigionamenti dei chip.

Nel 2020 l’intero settore automobilistico in Europa ha registrato in media un calo delle immatricolazioni del -24%, con una perdita di 3,3 milioni di nuove unità rispetto al 2019. In particolare, l’Italia ha subito un calo del -27%. Al contrario, però, secondo i nuovi dati di ACEA (Associazione europea dei costruttori di automobili), è il nostro Paese ad aver registrato l’aumento più alto in termini di ripresa pari al +5,5%, seguita da Spagna (+1,0%) e Francia (+0,5%).

La Germania, che rappresenta il segmento più importante del settore in termini di vendita di veicoli, ha registrato il calo più preoccupante pari al -10,1% su base annua, trascinando di fatto verso il basso l’intero mercato europeo.

L’unica nota positiva in questo panorama altamente critico è rappresentata dalla crescita costante delle vendite di auto a zero e basse emissioni. In particolare, i veicoli elettrici rappresentano ormai il 10% del mercato auto europeo mentre quelli ibridi plug-in raggiungono il 21%.

In parallelo, un altro aspetto da segnalare in questo difficile momento storico per il settore automotive, è che se le immatricolazioni continuano a diminuire, al contrario, il valore del mercato automobilistico invece è in crescita.

Secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore su dati forniti dal Centro Studi Fleet&Mobility, il valore delle auto immatricolate nel 2021 è stato pari a 35,6 miliardi di euro, segnando un +14% sull’anno precedente, mentre i volumi di vendita sono appena cresciuti del +6%. Gli altri 8 punti sono riconducibili soprattutto al diverso mix e agli aumenti di prezzo, che hanno portato il valore medio unitario, al netto degli sconti e degli incentivi, a 24.140 euro rispetto ai 22.414 del 2020.

Team SIFÀ

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